La sua famiglia

Sono passati molti mesi, quasi dodici, dall’ultimo articolo pubblicato sul mio blog.
Diversi lavori di curatela mi hanno tenuta lontana da questo spazio, assorbendo tempo e scrittura.
Per quanto mi riguarda, scrivere per altri non è differente dallo scrivere per sé –  il corsivo è d’obbligo: trattandosi di un blog non è certo solo per sé che si scrive – ed è quindi da ciò che ho “prodotto” per una delle esposizioni da me curate che desidero ripartire.
Senza aggiungere altro, vi ripropongo, nella sua interezza, il testo che ha corredato La mia famiglia di Efrem Raimondi, mostra (con catalogo) allestita allo spazio BDC28 di Parma dal 9 al 25 novembre 2018, in occasione del Colorno Photo Life festival.

Rosetta Premazzi Raimondi, mia madre. Legnano, 25 dicembre 1997.
© Efrem Raimondi, Mia madre, 1997

LA SUA FAMIGLIA

Mio fratello è figlio unico […]
perché è convinto che anche chi non legge Freud
può vivere cent’anni.
Rino Gaetano

D’impatto, senza giri di parole: La mia famiglia è un azzardo. Lo è tanto per Efrem Raimondi, che ha deciso di farne una mostra e un catalogo, quanto per me che l’ho curata e ne scrivo.
La ragione che giustifica un incipit così perentorio è piuttosto evidente: La mia famiglia non trova collocazione nel panorama fotografico attuale. Non è frutto di un censimento parentale condotto seguendo i criteri della fotografia documentaria o concettuale e neppure il canovaccio visivo di un tormentato racconto intimista.
In buona sostanza, non è contemporanea. È moderna. Di una modernità rapportabile al periodo in cui l’artista, pittore o fotografo che fosse, equiparava l’autoritratto o il ritratto familiare al resto della sua produzione e lo affrontava non per celebrare la propria esistenza all’interno di una vicenda genealogica, ma per verificare la propria esperienza in seno a un determinato linguaggio espressivo.
Mosso dalla stessa urgenza, Efrem Raimondi ha recuperato le immagini scattate negli anni a se stesso e ai suoi affetti più cari, le ha organizzate in un corpus compiuto e, dopo averle trasferite e contemplate su un registro squisitamente fotografico, è tornato a domandarsi e a domandare se, al di là dei soggetti e del conseguente coinvolgimento sentimentale, «la fotografia ritenga di poter essere effettivamente la fotografia» (Paolo Fossati, 1998).
Al netto di qualsiasi dazio imposto dalla contemporaneità e di qualsivoglia peloso (pre)giudizio ispirato alla sacralità della famiglia, per comprendere appieno la mostra, dovremo quindi accettare che l’autore abbia: rifiutato ogni forma di progettualità; sostituito l’idea di serie o sequenza con quella di raccolta eterogenea; visto, laddove altri vedrebbero un ricordo da preservare, un’opera da esporre al pubblico e immettere sul mercato.
Sull’ultimo punto in elenco, a mio avviso cruciale, conviene soffermarsi: non solo queste fotografie hanno un prezzo, ma parte di esse sono già state acquistate e inglobate in una collezione.
Tuttavia, ed è qui che si va a sciogliere un resistente nodo culturale, alla vendita materiale non corrisponde alcuna svendita morale.
Il nostro potere d’acquisto e – mi ci metto in mezzo – la nostra capacità analitica hanno effetto e si esauriscono, infatti, nel mero spazio di rappresentazione, ossia entro e non oltre il perimetro di ciascuna fotografia. È Raimondi in prima persona a ricordarcelo, a partire dal titolo, con l’utilizzo di un aggettivo possessivo che non lascia margine alla trattativa: la famiglia è sua. Ne ha inquadrato i componenti – umani, gatti e una pianta d’appartamento – premurandosi però di blindare “fuori campo” le motivazioni profonde e ineffabili che, di volta in volta, lo hanno portato ad aprire l’otturatore.
Fatta eccezione per l’unica fotografia non in commercio posta, al pari di una citazione in esergo, in apertura di mostra (Efrem bambino, il padre che lo aiuta a reggere una fotocamera) e per l’autoritratto sistemato specularmente in chiusura di percorso espositivo (Efrem fotografo ormai adulto, la sua compagna che legge), nessun’altra opera contiene e mette in relazione elementi dal potenziale evocativo o narrativo.
La mia famiglia procede per immagini iconiche, autosufficienti e perciò esclusive.
Non svela, esiste.
Il resto, per noi, è storia ignota.

LEGNANO, OCTOBER 1995. NOTE STAMPA: 39/50 CM
© Efrem Raimondi, Mio padre, 1995
LEGNANO, AUGUST 1986. 1/9 - 40/50 cm.
© Efrem Raimondi, Autoritratto, 1986
Efrem Raimondi iPhonephotography.
© Efrem Raimondi, Laura, 2014
Efrem Raimondi iPhonephotography. Legnano, 20 settembre 2015
© Efrem Raimondi, Mia zia. L’ultima fotografia, 2015
STRIP
© Efrem Raimondi, Strip, 2013
6_Ficus_1988
© Efrem Raimondi, Ficus, 1998
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4 pensieri su “La sua famiglia

  1. finalmente pubblico! finalmente oltre le pagine del catalogo!
    amo questo testo. perché sì, è solidale con la mostra, ma il motivo vero che me lo fa amare è che ha autonomia. esattamente quello che mi aspetto da una curatela.
    non era facile dato il soggetto – sia la mostra che il sottoscritto. che in fondo è un tutt’uno. chirurgico e potente, lo amo proprio.

    1. Caro Efrem,
      come ho avuto modo di dirti più volte, il tuo rigoroso rispetto delle competenze altrui mi ha permesso di approcciare le tue fotografie – e di conseguenza questo testo – in piena libertà. La mostra si è fin da subito rivelata “scomoda” quanto irresistibile, ma, al netto di tutte le insidie o gli incanti, è alle fotografie che mi sono attenuta. Perché sono sufficienti e perché è il mio mestiere. Per questo, alla fine, tutto è stato più semplice del previsto. Semplice, non facile, sia chiaro.
      Ciò premesso, ribadisco quanto sia stato grande il piacere di aver lavorato con te. Grazie.

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